Concetto Marchesi

Eremo del Monte Rua
Torreglia

Un colle di 423 metri, fra gli Euganei; ma dalla vetta l’occhio spazia in una vastità come di sommo valico alpino, fra le due pianure: quella che si perde verso Ferrara, e l’altra che da Venezia giunge ai monti Berici e alla grande cortina delle prealpi; e al mattino se le nebbie non fanno ostacolo, si vede a levante la larga striscia lucente della laguna. Di faccia, la cima del Venda, la più alta degli Euganei, mostra agli eremiti di Rua le nere rovine del convento Olivetano. Chi guarda di giù, nelle giornate piovose, ha un senso di altezza remota; e il fabbricato dell’eremo sulla sua base di castagni e di roveri, dentro una cerchia di antichi pini e di cipressi, resta invisibile fra le nubi e le nebbie. […] L’eremo col bosco, i campi, l’orto e i fabbricati è circondato da un muro, sì che il portone ne è l’unico ingresso; di là nessuno può uscire senza licenza del Priore che ne tiene le chiavi insieme al fratello portinaio: e può uscirne solo per gravi ragioni di obbedienza, di carità o di necessità. Le celle, distanti dieci metri l’una dall’altra, sono anch’esse recinte di un muro che le rende nell’interno inaccessibili allo sguardo altrui: tra loro è la terra del piccolo orto e un vasto lembo di cielo. E perché la solitudine sia perfetta è tenuta lontano ogni familiarità con le persone che restano nel mondo, di là dal muro che circonda questi romiti i quali alla dimenticanza del mondo hanno chiesto la pace dell’anima e aspettanin perpetua segregazione “il premio grande dei cieli”. 

da Il libro di Tersite, 1935