Antonio Fogazzaro
Abbazia di Praglia
Teolo
Non pioveva più, blandi chiarori di sole mal nascosto nelle nuvole giallognole ravvivavano il giardino sonnolento, lucevano sulla umida gradinata della villa, dove don Giuseppe stava mostrando a Maironi con un sorriso triste la scena dei piani sfumanti di qua sino ai grandi coni azzurrognoli degli Euganei, di là sino alla sottile parete soleggiata dei Berici, e il giardino da lui pensato, disegnato, gittato sul rustico piano e sul colle selvaggio, abbellito via via, d’anno in anno, vagheggiato nel suo futuro fiore non per sé ma per dilette anime partite dalla terra, contro l’antivedere umano, prima di lui. “Ecco”, diss’egli accennando con una mano agli Euganei, “Praglia è là”. […] La carrozzella seguì l’unghia, in principio, di umili collinette, passò un villaggio, un fiume, altri villaggi, corse una tortuosa stradicciuola vagabonda nel piano sino agli avamposti degli Euganei, piegò per il viale maestoso di platani che ne rade a settentrione il fianco deserto. Dove questo svolta a guardar il levante e si allontana verso il mezzodì, si parte dalla via maestra e lo segue uno stradone che mette capo dopo cinque minuti alla fosca cintura del grande monastero abbandonato, alla torre merlata, al bel tempio possente del Quattrocento, assiso sur un enorme dado di pietre nere, onde irrompe, qua e là, congiurata con le ribellioni del pensiero, la ribellione dell’erba viva. Maironi fece l’intero viaggio senza guardar mai né a destra né a sinistra, assorto nel suo dramma interno. […] Quando si vide a fronte la fosca cintura e la torre merlata di Praglia pensò che forse, chi sa, nel silenzio dell’antico monastero la voce divina gli si farebbe udire. […] Stette a guardare, a origliare. Nessun passo, nessuna voce. Richiamò al cuore tutti i suoi propositi buoni e si avviò a sinistra verso una porta socchiusa. L’aperse, ebbe una visione di svelte arcate, il senso di un pio, ammonitore pensiero antico, di una severa bellezza casta. Entrò e nulla vide, nulla più sentì di quel gentile Quattrocento. A dieci passi da lui, la signora Dessalle, stretta in un verde mantello verde scuro, foderato di pelliccia, in un collare di skuntz, col bavero rialzato intorno al viso pallido, lo guardava immobile.
da Piccolo Mondo Moderno, 1901