Margareth Symonds
via Roma, punto panoramico
Arquà Petrarca
We climbed up the steep path leading to the poet’s house, and left the village below us ” a very jewel of a place” with brown tiles on its roofs, and all its shutters closet against the firs warm kiss of June. The joujoub-tree grows in great abundance there at Arqua: its leaf is of a peculiarly fresh and vivid green, and when it casts its boughs across a whitewashed wall, one’s eyes are almost dazzled by the shining vivid texture. The day was very hot and the mists upon the plain obscured the vast view over Lombardy which I had known here in autumn. Fields and trees melted into the heated air like a blue sea, from which church towers and houses emerged as sails upon its bosom. Up and down that steep and pebbly road the women went with pails. There seems to be more water at Arqua than in all the district of the Euganean Hills. At last we reached the house of Petrarch. It stands high on the hill “a small brown house with a loggia and a garden, big iron balconies, and rooms all open to the air ” a fit abode for any poet, and for all sweet souls to sing from. What if it were not his house, or if, as the custode, with a smiling cynicism, said to me in answer to my meaningless inquiry concerning the abode of Laura, ” Laura non fu mai ” ? This house remains the heart’s ideal of poet’s home. We climbed the loggia stairs and entered the cool rooms. From the north and from the south the breezes freely passed and a stayed to play across the poet’s table, and linger round the walls where Petrarch wanders still, in fresco, through golden paths and sunny meadows, there to meet with Laura.
Il Petrarca ha trascorso gli ultimi anni della sua vita ad Arquà, dove trovò sepoltura. Ma anche se il poeta non vi fosse vissuto, si subirebbe ugualmente il fascino di questa piccola cittadina addormentata sulle colline. L’ho visitata l’ultima volta un giorno di giugno, con un appassionato uomo del Sud che considerava l’esperienza quasi come un pellegrinaggio a un luogo sacro. Melograni e ligustri esplodevano sopra i muri, dove cresceva anche il timo selvatico. Ci siamo arrampicati sulle stretto sentiero che conduce alla casa del poeta, lasciando il paesino alle nostre spalle, più in basso: un vero gioiello, con i tetti delle tegole scure e tutte le imposte chiuse a riparo del primo tiepido bacio del sole di giugno. Vi cresce rigoglioso l’albero delle giuggiole: le sue foglie sono di un verde vivido e fresco e quando stende i rami su di un muro bianco, gli occhi vengono quasi abbagliati dal loro intreccio verde brillante. La giornata era davvero afosa, e la foschia sulla pianura impediva di godere del panorama che avevo invece apprezzato in autunno. Alberi e campi si confondevano, nell’aria calda, in un mare blu dal quale emergevano campanili e case come barche a vela. Su e giù per quella strada ripida e acciottolata andavano le donne portando dei secchi. Sembra che ad Arquà ci sia più acqua che in tutto il territorio dei Colli Euganei. Infine raggiungemmo la casa del Petrarca. Si innalza sulla cima di un colle – una piccola casa marrone con una loggia e un giardino, grandi balconi in ferro e stanze ariose – un rifugio adatto a qualsiasi poeta, e a qualsiasi anima gentile. Cosa cambierebbe se questa non fosse la sua casa, o se, come il custode mi disse con un sorriso cinico, rispondendo alla mia domanda insensata su dove abitasse Laura: “ Laura non fu mai”? Questa resta, nel cuore, la dimora ideale per un poeta. Salimmo le scale ed entrammo nelle fresche stanze: da nord a sud la brezza soffia liberamente e indugia attorno al tavolo del poeta, e poi si trattiene lungo i muri dove ancora il Petrarca vaga, in un affresco, attraverso sentieri dorati e prati illuminati dal sole, per incontrarsi con Laura.
da Days spent on a Doge’s farm, 1893